Due nuove strategie contro due malattie degli occhi

Presentati i risultati di due anni delle sperimentazioni su faricimab per l’edema maculare diabetico e sulla somministrazione di ranibizumab tramite impianto oculare per la degenerazione maculare senile umida. Possibile allungare l’intervallo fra le somministrazioni

Arrivano nuovi risultati favorevoli sull’impiego di due anticorpi monoclonali per trattare due patologie che causano la perdita della vista, la degenerazione maculare senile “umida” e l’edema maculare diabetico. Al congresso Angiogenesis, Exudation and Degeneration 2022, infatti, sono stati presentati i dati a due anni degli studi clinici sul nuovo farmaco faricimab (recentemente approvato dalla Food and Drug Administration): si conferma che nel 60% dei pazienti può essere somministrato ogni 4 mesi, e non ogni 2 come l’attuale standard terapeutico. Anche per quanto riguarda l’impiego di ranibizumab c’è una novità: il farmaco può essere somministrato tramite riempimento (refill) ripetuto di un impianto oculare pre-inserito (il Port Delivery System) e i dati presentati mostrano che quasi tutti i pazienti (il 95%) possono lasciar passare un intervallo di 6 mesi fra un refill e l’altro, a parità di efficacia terapeutica con la somministrazione intravitreale mensile del farmaco. I due trattamenti forniscono un’alternativa efficace alle terapie in uso, aggiungendo quindi un vantaggio: l’estensione dell’intervallo tra le somministrazioni.

Due patologie della macula
La degenerazione maculare senile “umida”, anche detta neovascolare, e l’edema maculare diabetico sono due patologie che intaccano la macula, ovvero la regione centrale della retina, parte fondamentale a cui si deve la visione puntiforme. Colpiscono 40 milioni di persone al mondo e sono fra le principali cause di perdita della vista. Attualmente esistono delle terapie mirate – quali brolucizumab, ranibizumab, bevacizumab e aflibercept – che si basano su iniezioni intravitreali ripetute. I due farmaci recentemente approvati portano dei benefici in termini di tempistiche e modalità di somministrazione. In particolare faricimab è un anticorpo bispecifico, ovvero progettato per riconoscere e colpire due fattori di crescita vascolare anziché soltanto uno – dunque due diversi percorsi della malattia. La nuova somministrazione di ranibizumab, invece, prevede un rilascio controllato e continuo dall’interno di un impianto oculare “ricaricabile”. Si tratta della prima terapia approvata di questo genere e il suo particolare design potrà consentire di effettuare soltanto 2 “ricariche” l’anno.

I risultati su faricimab
I due trial clinici – gli studi Yosemite e Rhine – centrati sull’edema maculare diabetico hanno incluso quasi 1.900 pazienti con questa patologia. Il confronto è stato fra faricimab, con intrevalli di somministrazione da 2 mesi a 4 mesi, e lo standard aflibercept ogni 2 mesi. In entrambi i trial, a distanza di due anni circa il 60% dei partecipanti hanno potuto essere trattati ogni 4 mesi. Riducendo, quindi, le iniezioni intravitreali. A questa percentuale si aggiunge quasi un altro 20% di persone che ottengono gli stessi benefici con un trattamento effettuato ogni 3 mesi (invece che 2). In totale, dunque, dopo 2 anni quasi l’80% delle persone trattate con faricimab può passare a un intervallo di 3 o 4 mesi. La nuova terapia mostra risultati non inferiori rispetto allo standard ed è stata ben tollerata, con un rapporto rischio/beneficio favorevole. I dati odierni si vanno a sommare a quelli, sull’efficacia e sulla sicurezza del trattamento, già pubblicati su The Lancet.

I risultati sul “nuovo” ranibizumab
Il trial clinico Archway su ranibizumab riguarda invece la degenerazione maculare senile “umida” o neovascolare, una patologia correlata all’età, e ha coinvolto 415 pazienti. Il confronto è fra le iniezioni di ranibizumab mensili (lo standard di cura) e ranibizumab rilasciato in maniera controllata dall’impianto oculare con refill ogni 6 mesi. L’impianto è stato precedentemente inserito tramite una procedura chirurgica. I risultati dell’uso del nuovo medicinale sono non inferiori rispetto allo standard di cura. La terapia è stata in generale ben tollerata, con un rapporto rischio/beneficio favorevole. Gli eventi avversi presenti almeno nel 5% dei casi, verso cui i ricercatori hanno rivolto l’attenzione, sono cataratta, bolla congiuntivale ed emorragia vitreale. Durante lo studio, durato 2 anni, il 95% dei partecipanti ha potuto attendere 6 mesi fra un refill e l’altro, senza necessità di ulteriore terapia.

Fonte: repubblica.it

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